UNO SPETTACOLO DIVERTENTISSIMO CHE NON FINISCE CON UN SUICIDIO

scritto da Nicola Borghesi e Lodo Guenzi
consulenza drammaturgica Daniele Parisi e Gioia Salvatori
regia di Nicola Borghesi
disegno luci Alberto Tizzone
scene Katia Titolo
costumi Cristian Spadoni
macchinista Andrea Pistoia
fonico Gianluca Meda

produzione Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito Teatro e Argot Produzioni
organizzazione Dario Costa, Marcella Santomassimo
amministrazione Morena Lenti, Sabrina Competiello

Uno spettacolo che nasce da un’amicizia lunga venticinque anni su trentacinque, quella tra Lodo Guenzi e il regista Nicola Borghesi.

Partendo da nessuna idea precisa né un piano, i due hanno lavorato sull’autobiografia di una persona abbastanza famosa, Lodo, il che la rende da una parte potenziale oggetto di interesse per un numero maggiore di persone, dall’altra aumenta la diffidenza per il genere, dall’altra ancora permette di vedere dall’interno posti, come Sanremo o X-Factor, che di solito si vedono nella loro versione confezionata per il pubblico. Dall’unione di questi tre dubbi nasce Uno spettacolo divertentissimo che non finisce assolutamente con un suicidio.

Il percorso di una persona attraverso la fama, parola quanto mai controversa, può diventare una parabola nella quale più persone possono riconoscersi: la vita delle persone, generalmente, consiste nel sopravvivere lasciandosi dietro macerie. Tutto questo è terribile, ma fa anche ridere. La parte che fa ridere è quella non ancora del tutto compromessa con un sistema tarato per appiattire tutto, per rendere tutto omogeneo e inoffensivo. Mentre il successo, che da fuori sembra spensierato e piacevole, da dentro è terribile come tutto il resto, anche se in modo diverso.

E poi, infine, c’è il teatro. Quello spazio e quel tempo in cui tutto quello che generalmente nel mondo dello spettacolo deve essere compresso e semplificato, può trovare spazio. Quel luogo in cui non si va solo avanti, ma si sta anche volentieri fermi o addirittura, si torna indietro a cercare qualcosa di prezioso che abbiamo smarrito. Quella cosa per cui, alla fine, di vivere, ne vale la pena.