ANTIGONE

di Sofocle

traduzione e adattamento di Nicola Fano

con Ludovica Bove, Andrea Colangelo, Stefano De Santis, Andrea Monno, Francesco Patané, Giulia SannaFranco Silvestri, Giuseppe SpeziaAngelo Tanzi

e con Carla Cassola nel ruolo di Tiresia

scene Alessandro Chiti
costumi Helga Williams
musiche Germano Mazzocchetti
disegno luci Marco Laudando

regia di Massimo Venturiello

Personaggi Interpreti
Creonte  >  Massimo Venturiello
Antigone  >  Giulia Sanna
Ismene/Euridice  >  Ludovica Bove
Guardia  >  Stefano De Santis
Emone  >  Francesco Patanè
Tiresia  >  Carla Cassola
Messaggero  >  Andrea Monno
Coro  >  Franco Silvestri, Andrea Colangelo, Angelo Tanzi, Giuseppe Spezia

“Antigone”, capolavoro assoluto della produzione sofoclea, scritto nella seconda metà del V secolo a.C., rappresenta l’episodio conclusivo della tragedia del ciclo tebano, dopo l’Edipo Re e L’Edipo a Colono. Come è ben noto, la protagonista di questa tragedia si ribella alle leggi dello stato in nome delle “leggi non scritte degli dèi, inalterabili, fisse”, cioè dei valori assoluti dell’umanità, sfida il potere e sacrifica la propria vita diventando un simbolo, sempre attuale, del coraggio, del diritto naturale, della libertà di coscienza contro ogni forma di sopraffazione.

Note di regia

Dopo tanti secoli il conflitto tra Creonte e Antigone continua ad interrogare la coscienza degli uomini, opponendo alle ragioni e alla potenza dello Stato, quelle del cuore. E’ la grande forza politica del testo a renderlo sempre attuale: l’eterna lotta tra ribellione libertaria e potere tirannico, Pietas contro politica. E’ la rappresentazione della lotta mai arrivata a conclusione tra autorità e potere: un tema tuttora di costante attualità, purtroppo. Si pensi ai regimi totalitari in cui l’autorità è esercitata in maniera disumana. Accanto a questa tematica, un altro aspetto altrettanto significativo è quello del ruolo femminile nella società greca sintetizzato in una breve frase, più volte analizzata, pronunciata da Creonte: “L’uomo sarebbe lei e non io se restasse impunito questo gesto di forza”. In queste parole si coglie la concezione che la Polis ha della donna. Spetta all’uomo e non alla donna difendere le proprie azioni, non spetta a lei difendere i propri punti di vista e contrapporsi alle regole della società. Al modello di donna ideale, incarnato perfettamente in sua sorella Ismene, Antigone si contrappone (moderna eroina) mostrando che non c’è nulla che può o deve impedire il proprio pensiero e sua sarà la vittoria finale quando, dopo la sua morte e quella di tutti i suoi cari, il tiranno Creonte, rimasto solo, si troverà ad avere paura e a rispecchiarsi nella sua meschina rigidità. Ma qui si apre un capitolo a parte: il tema della dissidenza, della sfida all’autorità costituita. Noi tutti siamo ovviamente dalla parte di Antigone, non ha ucciso nessuno, vuole solo seppellire il suo amato fratello, non merita di morire. Ma è proprio vero che Creonte deve cedere alle sue ragioni? La legge deve piegarsi e lasciare impunito chi trasgredisce le regole costituite, seppure questo avvenga secondo un giusto fine?
La scelta del Re e il suo travaglio interiore non sono così facilmente liquidabili. Non è semplicemente la storia di una ragione contro un torto ma, come dice Hegel, è la storia di due ragioni in conflitto dialettico. Ci sono le ragioni di Antigone, ma ci sono anche quelle di Creonte. Sofocle, nostro contemporaneo, a distanza di 25 secoli non vuole indicarci chi ha ragione o torto, ma continua a metterci davanti a un dilemma, continua a sollecitare in noi una riflessione di non poco peso ponendoci delle domande alle quali ognuno potrà rispondere a suo modo.
Ad esempio: Chi è oggi in Italia Antigone? Chi è Creonte?

Massimo Venturiello