MATTEOTTI

anatomia di un fascismo

MATTEOTTI

anatomia di un fascismo

di Stefano Massini

regia Sandra Mangini

video Raffaella Rivi 

musiche Enrico Fink 

Massimiliano Dragoni hammer dulcimer, percussioni

Luca Roccia Baldini basso

Massimo Ferri chitarra

Gianni Micheli clarinetto basso

Mariel Tahiraj violino

Enrico Fink flauto, ewi

scena Federico Pian

luci Paolo Pollo Rodighiero

costumi a cura di Lauretta Salvagnin

il vestito di Ottavia Piccolo è realizzato da La sartoria – Castelmonte onlus

tecnico luci Emilio Bucci

fonico Vanni Bartolini

macchinista Lucia Baricci

coordinamento tecnico Paolo Bracciali

organizzazione Stefania Sandroni

amministrazione Rossana Zurli

Le quattro e mezza del pomeriggio del 10 giugno 1924. Alcuni testimoni dichiarano di aver assistito a una colluttazione all’interno di una vettura e di aver visto espellere quello che sarà riconosciuto essere il tesserino del deputato on. Giacomo Matteotti.

Matteotti (anatomia di un fascismo) ripercorre l’ascesa e l’affermazione di quel fenomeno eversivo che Matteotti seppe comprendere, fin dall’inizio, in tutta la sua estrema gravità, a differenza di molti che non videro o non vollero vedere.

Il pericolo più grande, la malattia che fa morire un uomo è quella che non senti crescere. 

Matteotti li riconobbe: quelli che al caffè dietro il Duomo, a Ferrara, ordinavano il “celibano” perché non lo sapevano che “cherry-brandy” è inglese; quelli che dicevano di riportare ordine nel disordine, perché il fascismo ha assoluto bisogno di sentirsi in pericolo, di attaccare per non essere attaccato; quelli che, d’un tratto, sfilarono in migliaia dietro al Contessino Italo Balbo e si presero l’Italia intera.

Giacomo Matteotti – l’oppositore, il pacifista, lo studioso, l’amministratore, il riformista, il visionario – prese la parola, pubblicamente e instancabilmente, nei suoi molti scritti e nei suoi moltissimi discorsi: una parola chiara, veritiera, fondata sui fatti, indiscutibile. Una parola che smaschera. Per questo fu ucciso (cfr. note di regia).

Io denuncio la manovra politica con cui si è spacciata l’eversione più radicale camuffandola nel suo esatto opposto, ovverosia nella garanzia dell’ordine. 

Io denuncio il sistematico uso della forza, la riduzione al silenzio delle voci dissenzienti. 

Io denuncio all’Italia e al mondo intero che un mostro chiamato fascismo ogni giorno diventa più potente proprio grazie al silenzioso assenso di chi lo svaluta, lo legittima e non lo combatte!

Tempesta, così lo chiamavano. Uno col sangue caldo. 

A cento anni di distanza è il teatro, è la musica, sono le parole di Stefano Massini, la voce di Ottavia Piccolo, i suoni de I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo a prendersi l’impegno di parlare.