Il Custode dell’acqua
IL CUSTODE DELL’ACQUA
di Sergio Pierattini e Marzia G. Lea Pacella
dal romanzo di Franco Scaglia SuperCampiello 2002 Edizioni PIEMME
Maurizio Donadoni , Renato Campese
con la partecipazione di Carlo Simoni
Scene Daniele Spisa – Fondali digitali Carlo Fiorini e Samuele Polistina
Costumi Massimo Poli – Musiche Germano Mazzocchetti
Regia MAURIZIO PANICI
Gerusalemme. Matteo, notissimo archeologo francescano, scopritore dei mosaici del Monte Nebo, viene incaricato dal custode di Terra Santa, convinto fautore dell’idea di trasformare Gerusalemme in una città di pace, di vigilare sulla riuscita del progetto. In breve tempo Matteo si trova coinvolto in una complessa vicenda che vede protagonisti i servizi segreti, un ricchissimo uomo d’affari e un gruppo di giovani idealisti che si battono per riportare la pace in quella terra lacerata dai conflitti. La morte misteriosa di Padre Luca, anche lui archeologo, rivela a Matteo che sono in gioco ben altri interessi. Lungo un cammino disseminato di morti, l’indagine di Matteo lo porterà prima a Umm-er Rasas, l’antichissima città sepolta nel deserto per scoprire una verità che forse potrà modificare il destino degli uomini.
“Il custode dell’acqua”, il romanzo vincitore del Supercampiello 2002 può avere un’affascinante vita teatrale. Mettere in scena una realtà complessa, unica, magica, religiosa, come quella di Gerusalemme offre originalità, amore, contenuti. I significati morali accompagnano un personaggio memorabile, Padre Matteo. Padre Matteo ha tutte le possibilità per divenire un eroe teatrale, di quelli che si ricordano. La sua bontà, la sua comprensione dei fatti umani, il suo equilibrio nei rapporti con i Cugini del muro (gli Ebrei) e con gli Amici della Rocca (i Musulmani) lo rendono vicino al pubblico, amico del pubblico, e interprete ideale della volontà di pace in Terra Santa.
Franco Scaglia
Lo spettacolo ha debuttato alla “LIX Festa del Teatro di San Miniato” nel luglio 2005 a cura della Fondazione Istituto del Dramma Popolare.
La figura di padre Matteo è ispirata a quella di Michele Piccirillo, notissimo archeologo francescano attivo in Palestina , le cui ricerche hanno dato nuovi illuminanti elementi alla storia di quel territorio.
Lo spettacolo viene ripreso nella stagione invernale a Roma, al Teatro India dal 2 al 7 maggio 2006.
APPUNTI DI REGIA
Lo spirito, il bisogno di sacro, la predestinazione di un uomo di fede, il compito, la missione di un costruttore di pace, i dubbi, la realtà che si rifrange continuamente, presentandoci frammenti di una verità sempre sfuggente. Il Custode dell’acqua è tutto questo e non solo.
Mettere in scena questa complessità a partire da un romanzo è teatralmente compito arduo e richiede una forte adesione emotiva al testo, scelte e segni in grado di suscitare domande, costruire percorsi, che chiariscano il pensiero dei protagonisti di questo grande affresco su Gerusalemme. Per avvicinarci a quell’atmosfera unica e magica, cercando di restituirne i profumi, i vicoli, le piazze, i luoghi sacri a una grande moltitudine di genti diverse, abbiamo realizzato una scena costituita da un’enorme ruota che trascina con sé tre grandi porte, che rappresentano le tre grandi civiltà di riferimento. Tre segni forti e riconoscibili per ebrei, cattolici e musulmani.
Al centro “il mistero”, il pozzo, la discesa verticale con in fondo l’elemento necessario alla vita “l’acqua”, che poi è l’elemento centrale sia del romanzo di Franco Scaglia sia dell’adattamento teatrale di Sergio Pierattini e di Marzia G. Lea Pacella.
Il centro rappresenta anche “il punto fermo del mondo che ruota”, secondo la definizione che T. S. Eliot dà nei Quattro quartetti, ma il centro di questo spettacolo è soprattutto l’uomo, l’essere umano, con le sue responsabilità. Padre Matteo è il protagonista, al quale viene assegnata la delicata missione di riportare la pace a Gerusalemme, città da sempre dilaniata e divisa.
La scena di Daniele Spisa è mutevole e cangiante, e grazie al contributo visivo dei fondali digitali di Carlo Fiorini e Samuele Polistina, ci regala di volta in volta immagini reali e concrete delle strade e dei vicoli, in cui si svolge la nostra storia.
La scena è mutevole così come mutevole è la realtà, ci presenta diversi punti di vista, ci permette di leggere lo stesso frammento nelle sue più diverse sfaccettature. Il compito di Matteo, che oltre a essere un frate francescano è anche un noto archeologo, è di portare alla luce la verità, di ricomporre i frammenti, ricostruendo come con le tessere di un mosaico l’enigma che gli è stato presentato. C’è in questo spettacolo un forte parallelismo fra l’archeologia, con la sua necessità di ricostruire una realtà andata perduta, e il bisogno dell’uomo di fede di superare tutti i dubbi e compiere così fino in fondo il suo percorso.
Le musiche e le suggestioni sonore, dello spettacolo composte da Germano Mazzocchetti sono necessarie alla comprensione di quella parte del testo più misteriosa, restituendoci atmosfere arcaiche cariche di significanti che vanno oltre il significato stesso delle parole.
“Il custode dell’acqua” è la storia di tutti quegli uomini che concorrono a un processo di pace e di integrazione tra culture diverse cercando di rendere migliore e più vivibile un mondo diviso, impoverito, e che ha un grande tema nel futuro, quello dell’acqua, così necessaria a milioni di uomini per sopravvivere.
MAURIZIO PANICI
Rassegna Stampa:
IL CUSTODE DELL’ACQUA
In Terra Santa tra spie, scienziati e francescani
“Chi l’avrebbe detto che alla Festa del Teatro a San Miniato, LIX edizione, roccaforte del teatro spirituale, avremmo visto e udito scenari di Terra Santa popolata da servizi segreti israeliani, militanti palestinesi, francescani strateghi o scienziati, e ambigui finanzieri, e giovani pacifisti? E’ quello che è successo con “Il custode dell’acqua”, tratto da un documentato, profetico e avventuroso romanzo omonimo di Franco Scaglia, che più che al genere della spy story appartiene alla dimensione d’una letteratura affine al “Nome della rosa”, con intrecci, indizi e colpi di scena alla Le carré e alla Simenon, e con l’intuito di concentrare su Gerusalemme e sulla figura reale del ruvido Padre Michele (ribattezzato Padre Matteo). Un puzzle a base di misteri riguardanti tre religioni coinvolte in un inestricabile, attualissimo gioco delle parti. Insomma a San Miniato […] si può far largo e può avere senso (in assenza di una drammaturgia d’autore che ripensi la problematica mistica) un conflitto mondano di fedi, un dedurre ad esempio che in Medio Oriente al XX secolo del petrolio potrebbe succedere un XXI secolo dell’acqua. Con la scomodità della consapevolezza che nessuno dei portavoce delle varie estrazioni religiose ha tutta la ragione dalla sua, esprime una verità assoluta, rivela ogni cosa che sa. Ed è così sfuggente il panorama frammentario (ri)costruito con mille sfumature sulla pagina da Scaglia, un materiale per l’occasione adattato alla scena da Sergio Pierattini e Marzia G. Lea Pacella, che giusta risulta la chiave degli alterni paesaggi concepita dal regista Maurizio Panici, un continuo sovrapporsi e contrapporsi di sfaccettati fondali digitali mostranti di volta in volta porte, strade e interni delle varie comunità o nicchie idealistiche.
(Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica, 5 settembre 2005)
Bravo Donadoni, il frate-spia pensato da Scaglia
[…] Il custode dell’acqua è un’opera di ampie dimensioni che non sempre il teatro riesce a decodificare con la necessaria scaltrezza, indispensabile in operazioni del genere. E qui veniamo al nodo quasi indissolubile su cui riposa il limite, come la grandezza, del palcoscenico che non si propone, come fa il cinema, di illustrare la situazione narrativa collocando l’uomo nel contesto del paesaggio, o dello sfondo che gli compete. Per questo nello spettacolo guidato con mano maestra da Maurizio Panici che illumina da cima a fondo il testo sorreggendolo nei continui andirivieni tra passato e presente grazie alla tecnica sofisticata delle proiezioni digitali e della luci di taglio, finisce qua e là per fare difetto proprio l’afflato mistico che pervade il testo e ne determina il fascino. Fatta salva l’ottima prova di un cast di rara intelligenza scenica dove, accanto al doloroso umanissimo Carlo Simoni, Maurizio Donadoni commuove e persuade con l’autorità dell’autentico protagonista.
(Enrico Groppali, Il Giornale, 7 agosto 2005)
Il thriller religioso in scena funziona
L’alchimia del teatro, talvolta compie miracoli. Prendi un testo ambientato nella Gerusalemme dei giorni nostri, tra bombe e attentati, mettici la storia di un frate francescano archeologo che resta invischiato in traffici loschi, qualche morte sospetta, una coppia mista arabo-israeliana che vuole convolare a nozze contro ogni convezione, soldati disertori per amore, e per finire libri, manoscritti, antiche pergamene che nascondono segreti immensi. Sulla carta, Il custode dell’acqua porta con sé tanta retorica quanto una bella fiaba per bambini. Eppure, mescolati tutti gli elementi drammaturgici, aggiunta la bella scenografia curata da Daniele Spisa – che fa dialogare la vera piazza del paese con una struttura agile semovente, pronta a diventare Porta Santa, biblioteca o convento – lo spettacolo non solo regge ma trova un suo ritmo avvincente e godibile. Cinquantanovesima produzione della Fondazione Istituto dramma popolare di San Miniato, Il custode dell’acqua ha visto la luce grazie all’adattamento che Sergio Pierattini e Marzia G. Lea Pacella hanno operato del romanzo di Franco Scaglia, Premio SuperCampiello 2002. […] spettacolo appetibile anche a quanti non abbiano grandi dimestichezza con gli “affari spirituali”: quella di addentrarsi nel thriller religioso, unendo un po’ di avventura e un pizzico di esoterismo. […]
Sulla scena troviamo un ottimo Maurizio Donadoni nelle vesti del protagonista, Padre Matteo. Tra gli altri, lo ‘sceicco’ di Sergio Basile non manca di tenergli testa. E la regia di Maurizio Panici segue il crescendo della tensione con diligenza e qualche bel guizzo. Colpo di scena finale, siglato da applausi convinti.
(Valentina Grazzini, l’Unità, 23 luglio 2005)