ArTè Stabile di Innovazione / Network Nuove Sensibilità
in collaborazione con
Infinito snc – Teatro Miela/Bonawentura (TS) – Ass. Cantharide
KVETCH
(Piagnistei)
di Steven Berkoff
con Ivan Zerbinati , Laura Bussani, Simone Luglio, Federico Giani
regia Tiziano Panici
scene e luci Nicola Bruschi
musiche originali David Matteucci
costumi Anita Ferri
tecnico luci Paolo Meglio
ideazione grafica Angelo Sindoni
produzione esecutiva Pierfrancesco Pisani
In Kvetch, che in ebraico significa piagnistei, Berkoff dipinge in modo caustico e graffiante un apparentemente normale quadretto familiare. Scrive l’autore che la commedia è dedicata a chi ha paura, ossia a tutti. Oggi abbiamo paura degli uomini, delle donne, delle guerre, della morte, delle malattie, della disoccupazione e delle bollette da pagare. Abbiamo paura di ingrassare, di essere stupidi, di non capire una barzelletta, di fallire. La commedia è costruita su una geometria precisa, che non lascia scampo: i dialoghi, specchio di una scialba quotidianità, sono continuamente interrotti dai pensieri dei personaggi e dai loro monologhi interiori rivelando quello che è il messaggio più forte del testo: l’umanissima discrepanza fra ciò che si fa e ciò che si vorrebbe fare, e la contraddizione in cui tutti, prima o poi, si cade, quando si ottiene l’opposto di ciò che si aveva prima e si desidera tornare alla situazione precedente.
Il plot è piuttosto banale, pressoché inesistente, una storia di letti, di coppie che si disfano e si formano. C’è Frank, marito annoiato e lamentoso, che scopre di essere omosessuale e ha una relazione col suo collega appena abbandonato dalla moglie; c’è Donna, la moglie frustrata di Frank che sogna di essere violentata da due spazzini e ha una relazione con un cliente del marito; c’è la vecchia, imbarazzante e onnipresente suocera. Ma è quello che c’è dietro ad essere interessante: i cinque personaggi si muovono, infatti, su una doppia linea, e lo spettatore ne vede non solo i gesti, ma anche i pensieri. I banali dialoghi sono costantemente interrotti da alcuni brevi monologhi in cui i personaggi finalmente riescono a dar voce ai loro reali pensieri. I pensieri sono liberi. Liberi ma visibili e vivibili; in Kvetch troverete i segreti, nevrotici e paranoici di borghesi dalle vedute ristrette, frustrati, che celebrano un gioco di scambi senza barriere tra sogno e realtà. In tal modo Berkoff mostra spietatamente la distanza che esiste tra ciò che un uomo dice e fa e quello che pensa. Ad essere analizzata e messa alla berlina non è soltanto la famiglia quindi, ma l’individuo stesso, mostrato in tutta la sua umana debolezza. La parola dell’autore è pungente, beffarda, urticante.
Il valore del coraggio si misura in un momento, nell’attimo di una scelta. Anche il valore di un uomo si misura su quel tempo.
Questo è il segreto che Cristo sussurrò nelle orecchie dell’implacabile Ponzio Pilato poco prima della sua condanna.
È il coraggio che permette alla verità di esistere. Non esistono uomini coraggiosi per tutta la durata della loro vita. Chi è convinto che esistano o che siano esistiti non è che un violento, sconsiderato criminale. Un codardo.
E voi sapete di esserlo?
Io sono un codardo. Questo è quello che penso. È quello che pensava Steven Berkoff di sé stesso mentre scriveva questa commedia. Perché da quando ha iniziato il suo difficile percorso artistico come attore, autore e regista, scegliendo le strade più sinistre e pericolose, non ha mai smesso di combattere per affermare il suo pensiero con onestà. Ma cosa resta a un uomo quando viene meno il coraggio?
Il rimpianto.
È di questo che parla il testo.
Lamentarsi con se stessi e con il prossimo. Piangere la sconfitta_ quella vera. Non esiste niente di più insopportabile.
Piagnistei. Una parola davvero orribile.
Tiziano Panici
Tutti noi viviamo con la paura d’aver paura
Paura di fallire, paura di esporsi, paura di dire quello che si pensa
Questo spettacolo è dedicato a chi ha paura
Steven Berkoff
Estratti stampa:
KVETCH – PIAGNISTEI
Nuove Sensibilità A Corte
Sette debutti nazionali di realtà giovani e nostrane, presentati dal Progetto Nuove Sensibilità nell’ambito di Teatro a Corte 2009, pressati in tre giorni intensivi: si è visto uno spaccato abbastanza esaustivo delle tendenze del nuovo teatro italiano. Quasi tutti testi o partiture originali, tranne uno: Kvetch (Piagnistei) di Steven Berkoff, realizzato da Infinito di Pierfrancesco Pisani.. E’ l’unico allestimento in cui la creatività under 35 si è espressa attraverso la regia di Tiziano Panici e soprattutto l’interpretazione dei bravi Ivan Zerbinati, Laura Bussani, Jacopo Bicocchi, Simone Luglio.
Soprattutto perché, nel bene o nel male, va sempre riconosciuta agli attori una responsabilità maggiore (sono loro i corpi e facce che il pubblico giudica in primis). Kvetch è una pièce ormai considerata classica nella drammaturgia contemporanea inglese, frutto della fantasia di uno scrittore di successo ma controcorrente.
E’ già meritevole che un ensemble di ultima generazione affronti un autore, ponendosi fuori dal coro nutrito degli adattamenti, aggiustamenti, confezionamenti di opere ad hoc, redatte sulle proprie corde; naturalmente non tutti i drammi originali difettano, talvolta capita che un’effettiva esigenza di raccontare nuove storie sposi il coraggio al talento. Ma è dimostrazione di audacia anche scegliere oggi il proprio ruolo, sia essa d’attore o di regista, ed esprimerlo attraverso l’adesione ad un testo d’altri.
Ben venga se poi la commedia è briosa e divertente, sgretola le ipocrisie, rende paralleli i due piani del detto e dell’inespresso, svelando con ironia le mille bugie di cui siamo colpevoli e vittime e lasciando alla fine liberi i personaggi di soffocare i piagnistei per agire davvero come meglio credono. Qui l’ufficialità è in lingua e l’interiorità in dialetto, c’è un tavolaccio che si trasforma in letto e pochi altri oggetti, per una messinscena energica e sorprendente. Uno spettacolo da vedere, nella stagione entrante 2009/2010.
Maura Sesia
http://www.sistemateatrotorino.it/editoria/recensioni/testi/nuove_sensibilita.html
KVETCH (Piagnistei)
Tiziano Panici ha proposto e diretto questa che è l’unica drammaturgia della sezione che più direttamente si confronta, quasi combattendovi, con un testo drammatico forte. In scena Ivan Zerbinati, Laura Bussani, Jacopo Bicocchi e Simone Luglio. Il dramma di Steven Berkoff è un testo duro, arrabbiato come nella migliore tradizione della drammaturgia europea contemporanea, e racconta di vite incapaci di comunicare, di confondersi e legarsi una con l’altra e forse per questo destinate alla perenne sconfitta e alla solitudine. La pièce elimina ogni riferimento naturalistico ed utilizza il testo come metafora di una condizione metafisica, che trasforma le esistenze in ruoli che ripetono coattivamente le proprie pulsioni senza elaborarle. Marito, moglie, suocera ‘imbarazzante’, collega e datore di lavoro si ripropongono continuamente come monadi all’interno delle quali l’altro giunge come eco di un sogno perennemente coltivato. È una situazione senza uscita espressione di un pessimismo profondo che il drammaturgo utilizza ed esibisce con violenza quasi a colpire e scuotere lo spettatore. La riscrittura scenica del testo drammatico peraltro si arricchisce di meticciamenti linguistici che tentano di dare concretezza ed identità ad esistenze altrimenti anonime, lasciando intravvedere nella rappresentazione un tentativo, la ricerca di una via di uscita.
Dramma.it di Maria Dolores Pesce
(…) si dimostra sorprendentemente maturo, soprattutto rispetto alla giovane età del regista e interpreti Kvetch (…) ottimo ritmo, bravi attori, belle invenzioni registiche fatte con niente riescono a far funzionare egregiamente il non facile testo di Berkoff.
Hystrio Laura Bevione e Claudia Cannella